Sono pochi i personaggi che potrebbero rappresentare meglio di Cecco d’Ascoli quello che è stato il Medioevo in Italia. La storia del pensatore, anche se la definizione è assolutamente riduttiva vista la poliedricità della persona, è infatti emblematica delle difficoltà che hanno incontrato nella loro vita le più importanti teste pensanti dell’epoca.
Cecco d’Ascoli, al secolo Francesco Stabili di Simeone, nacque ad Ancarano nel lontano 1269, anche se sul luogo preciso di nascita esistono voci discordanti. Sulla questione infatti si intrecciano molte storie e leggende, che raccontano come egli sarebbe nato nel prato di un santuario dedicato alla dea Ancaria, Signora degli Animali per i Piceni.
Il mito e la leggenda ritornano di frequente quando si parla di Cecco d’Ascoli. Questa però non è la sola costante riguardante la sua vita. Il pensatore infatti, vissuto nel pieno dei feroci anni dell’inquisizione, è stato spesso al centro delle critiche di esponenti religiosi ma, nonostante questo, ha sempre mantenuto la stima e il rispetto di tutti gli altri letterati del tempo, Dante in primis.
Cecco d’Ascoli, un uomo dai mille volti
Come detto, è molto difficile sintetizzare in una parola quello che fu Cecco D’Ascoli. Egli infatti fu, durante la sua vita, un medico e apprezzato insegnante, ma anche un fine letterato e poeta oltre che appassionato e competente astronomo. Soprattutto però, come altri del suo tempo, fu un uomo fermamente convinto delle sue idee, una fermezza di intenti che che gli costò però la condanna al rogo.
Cresciuto ad Ascoli, più precisamente nel quartiere di Porta Romana, da ragazzo tante furono le idee di Cecco d’Ascoli riguardo la città. Anche qui però, i fatti si intrecciano con la leggenda. Dall’allargamento della valle del Tronto per permettere che il mare potesse arrivare fino al capoluogo Piceno, fino alla costruzione del ponte poi rinominato “di Cecco“, realizzato leggenda vuole in una sola notte con l’aiuto del diavolo.
Degli anni trascorsi ad Ascoli si sa poco o nulla, ma sotto le cento torri sicuramente studiò l’astrologia e la medicina. Dopo aver vissuto per un periodo a Firenze, si trasferì a Bologna nel 1324 per insegnare astronomia alla facoltà di medicina dell’Alma Mater. Successivamente fu cacciato dalla cattedra e multato per i suoi pensieri eretici, salvo poi esser richiamato su pressione dei colleghi. Negli anni successivi fu il medico personale di Papa Giovanni XXII e poi alla corte fiorentina.
Oltre al lavoro come medico, non fermò mai gli studi di alchimia e astronomia, scrivendo diverse opere in materia. L’ultima di queste, il manuale scientifico noto come Acerba, gli costò nel 1327 la condanna a morte da parte dell’inquisizione romana. Anche qui leggenda racconta che Cecco d’Ascoli affrontò il rogo con una copia del libro in mano, pronunciando poi anche la famosa frase “L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo!“.
Cecco d’Ascoli e Dante Alighieri, due nemici/amici
La storia dell’amicizia tra Cecco d’Ascoli e Dante Alighieri è particolare ed emblematica della vita del pensatore Piceno. Dopo un iniziale percorso comune, le vie filosofiche dei due presero due strade ben separate. Diverse e famose furono le dispute verbali, con Cecco d’Ascoli che negli ultimi anni fu molto duro verso di Dante, criticando la Divina Commedia e ipotizzando che il vate fiorentino fosse finito egli stesso all’inferno.
Il succo delle dispute tra i due può essere riassunto nel fatto che Cecco d’Ascoli credesse nella superiorità della natura, mentre per Dante Alighieri l’educazione può assoggettare l’istinto. Anche qui leggenda vuole che Dante, per dimostrare all’amico la bontà delle sue tesi, avesse insegnato al suo gatto a reggere con le zampe una candela.
Di contro Cecco d’Ascoli si presentò a casa del vate, per sbugiardare la tesi dell’amico, con diversi topi. Una volta liberati, il gatto si narra avesse subito abbandonato la candela per inseguire i ratti, nonostante i richiami di Dante.
Dove inizi la leggenda e dove finisca la realtà non è dato sapersi riguardo la vita di Cecco d’Ascoli. Rimane comunque la ferma forze che ebbe nelle sue idee, dalla adolescenza fino al momento della sua condanna a morte.